LA SERPE VERDE
Da millenni, nei sotterranei oscuri del castello dei principi di Bisignano, si nasconde una creatura antica: una serpe verde, immutabile nel tempo. La sua esistenza è avvolta nel mistero, come se fosse stata condannata da forze superiori a un eterno ciclo di immobilità. La serpe giace tra le sue uova, che nel corso degli anni si sono trasformate in pietra, segni tangibili di un destino stagnante. Le uova, che un tempo avrebbero dovuto schiudersi in vita, restano invece prigioniere della loro natura minerale, come una promessa di rinascita che non si avvererà mai. Questa visione fantastica della serpe verde diviene una metafora vivente del destino del paesino di Viggianello, un luogo che sembra sospeso fuori dal tempo, fermo nelle sue tradizioni e radicato nel suo patriarcalismo. Il paese, come la serpe, non muore mai davvero, ma nemmeno evolve, incapace di adattarsi alla modernità e al progresso. È un luogo che resiste al cambiamento, dove il passato continua a vivere attraverso le sue pietre, le sue storie, e la sua gente. Eppure, in questo stato di perenne quiete, c’è una forma di sacralità e bellezza. Il paese è un rifugio di pace, un luogo in cui i morti riposano senza turbamento e i vivi lavorano con devozione e virtù. Anche in questa immobilità, c’è una sorta di benedizione: un legame con la terra, con le generazioni passate, che conserva un equilibrio che la modernità, con la sua frenesia, difficilmente potrebbe mantenere.
In questo eterno ciclo, Viggianello rimane uno scrigno di memoria e tradizione, un luogo fuori dal tempo dove persino la natura stessa, attraverso la serpe verde e le sue uova di pietra, sembra vegliare su un segreto che solo i suoi abitanti possono comprendere.
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